La violenza giovanile.
Sull’onda dell’articolo precedente (quello in cui si è parlato dell’esigenza della formazione di una comunità di ricerca per lo sviluppo del pensiero autonomo del bambino) si riporta un esempio di pratica filosofica, nella quale è stato affrontato il tema della violenza.
L’esempio in questione è l’analisi di un ragionamento tratto dal testo “Educare al pensiero” scritto da Matthew Lipman, docente di logica presso la Columbia University e ideatore della metodologia in questione.
Dunque, la base di partenza prevede che si riesca a considerare pace e violenza esattamente sullo stesso piano. Ciò serve per non “contaminare il pensiero” con alcun tipo di stereotipo di cui si riporta un classico esempio: “è una persona tranquilla, deve essere brava”.
Porre ai ragazzi entrambi i concetti senza alcuna differenza tra essi avrà l’effetto di stimolare domande.
Ogni ragazzo, infatti, prima di poter permettersi di giudicare le azioni proprie e altrui deve acquisire maggiore consapevolezza sia del significato di concetti come “pace”, “libertà” o “equità” sia di tutti quei termini che caratterizzano l’essere violenti.
Una volta appreso ciò potranno confrontarsi all’interno di una comunità di ricerca, esponendo i propri pensieri, scambiandosi idee e chiarire concetti a loro ostici. Inoltre, affinchè tutti si rendano effettivamente conto dell’importanza del concetto oggetto d’analisi (in questo caso la pace) devono sperimentarla in prima persona iniziando a trovare, insieme, come una verà comunità, le strategie migliori per la risoluzione di eventuali conflitti.
L’esperienza pratica porterà ad un’analisi oggettiva del concetto di “pace” o “violenza” e tutti avranno modo di sperimentare entrambi i concetti.
Essendo comunque la via del dialogo ciò che caratterizza il clima di una comunità nessuno sarà dubbioso su quale strada percorrere per risolvere le varie discussioni.
È nata l’idea di pace.
Questo pensiero, si veda bene, è nato semplicemente da un’analisi riflessiva svolta dai soggetti su sé stessi e sugli altri; non vi è stato alcun condizionamento esterno alla formazione di essa.
L’insegnante (portando il discorso all’interno di un’aula scolastica) non ha indottrinato riguardo l’idea di pace e violenza, ma ha semplicemente lasciato libera la strada delle prove e degli errori.
In questo modo ogni membro della comunità ha avuto l’opportunità di scoprire un nuovo sapere insieme a tutti gli altri.
Articolo a cura di Ilaria Genovesi