Referendum costituzionale, netta vittoria del Sì. Cosa succede ora ?

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La vittoria del sì al referendum sul taglio dei parlamentari è netta: la maggioranza dei votanti – in una consultazione che, lo ricordiamo, non richiedeva il quorum – si è espressa a favore della riduzione di deputati e senatori. Ha detto sì alla riforma costituzionale che taglia i deputati, da 630 a 400, e i senatori da 315 a 200. Ma, tra gli elettori, c’è chi si pone una domanda. E ora cosa succede?

Sgombriamo il campo dagli equivoci: nessun parlamentare dovrà fare le valigie e lasciare il suo scranno. O la sua poltrona, come hanno amato dire nei mesi scorsi i fautori del sì. La riduzione avrà effetto a partire dalle prossime elezioni,e in ogni caso prima bisognerà rivedere alcune cose.

Ma riavvolgiamo il nastro. Il referendum che si è appena celebrato è l’ultimo step dell’iter che si attiva quando il Parlamento approva una modifica costituzionale senza raggiungere – come prevede l’articolo 138 della Costituzione – la maggioranza qualificata dei 2/3 alla seconda votazione, sia alla Camera che al Senato. In tal caso, ed è quello che è successo con la consultazione di ieri e oggi, si può chiedere al popolo di esprimersi. E questo può accadere se, entro tre mesi pubblicazione della nuova disposizione, ne fanno domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Ora che i cittadini si sono espressi, gli articoli 56 e 57 della Costituzione possono essere ufficialmente modificati. La legge c’è, ha l’approvazione popolare, ma sarà operativa a partire da sessanta giorni dalla sua entrata in vigore. Tutto finito? No, molto semplicemente. Ridotto il numero dei parlamentari, bisognerà ridisegnare i collegi elettorali. Un passaggio, questo, non solo tecnico, ma politico. Che tocca da vicino la legge elettorale. 

C’è poi un altro elemento: la rappresentanza. Fino a oggi, in base alla Carta del ’48, ogni regione – ad eccezione di Molise e Valle D’Aosta – doveva votare per almeno sette senatori. Da oggi non sarà più così. Come spiega il Corriere della Sera, quel sette diventerà tre. Qualche esempio? Il numero minimo di senatori sarà assegnato a Basilicata e Umbria, 4 rappresentanti a Palazzo avranno Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, 5 Liguria, Marche e Sardegna. Le altre regioni, chiaramente, eleggeranno un numero superiore di senatori.

Articolo a cura di Marco Luppi

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