L’attacco dei giganti: breve analisi multiverse sull’anime del momento.

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L’attacco dei giganti (進撃の巨人 Shingeki no kyojin) la serie anime di successo prodotta da Wit Studio e diretta da Tetsurō Araki, nasce dai manga di Hajime Isayama e viene trasmessa per la prima volta nel 2013. L’intensità della trama, la profondità emotiva di ogni singolo personaggio, la qualità grafica e le colonne sonore hanno contribuito ad un riscontro mediatico di successo. 

Non è il solito anime, dove spesso si riscontra la bramosia carnale – repressa nella società nipponica, talvolta troppo rigida – che si esprime in character dalle tendenze hentai, ossia pregni di una declinazione perversa ed in una oggettificazione sessuale dei personaggi stessi, in cui determinate caratteristiche fisiche vengono calcate a pantone. 

Attack on Titans è ben altro e fornisce innumerevoli chiavi di lettura, che si divertono a ribaltare l’emotività dello spettatore, soprattutto nella Quarta Stagione

– disponibile su Amazon Prime Video e VVVID con puntate in uscita a cadenza settimanale – dove l’approccio politico e bellico hanno una chiara analogia con le dinamiche della prima guerra mondiale, soprattutto per quanto riguarda le armi utilizzate nella prima puntata della corrente stagione. 

Sotto l’aspetto psicologico i riflettori sono puntati soprattutto sul character principale,  Eren Jaeger (Yaeger nella versione originale), sul Capitano dell’armata ricognitiva del corpo di ricerca Levi Ackerman e su Reiner Braun, meglio conosciuto come il vero volto del Gigante Corazzato. 

Una forte impronta ricorda non solo, quel gioco di equilibrio tra il bene ed il male, due emisferi in cui fondamentalmente l’uno non può sussistere senza l’altro, ma anche lo stesso pilastro che viene poeticizzato nel famoso dialogo tra Kaneki ed Amon nel loro primo scontro in Tokyo Ghoul, in cui avviene una scissione di pensiero attuabile nel mondo contemporaneo: c’è chi pensa che i Ghoul siano null’altro che demoni della società, privi di sentimento, i bohemien, gli emarginati a cui dare la caccia nei bassifondi bidimensionali.

D’altro canto, molti Ghoul credono che siano unicamente gli umani a rendere marcio il mondo; ma alla fine è lo stesso mondo ad aver ereditato una connotazione di ingiustizia, creando così uno squilibrio che porta ad un’estenuante lotta e ad una costante “caccia all’untore”.

Ed è sulla base di questa impronta che alcuni character ritrovano nella loro delineazione psicologica un innato senso di giustizia che spesso scaturisce in atti vendicativi: verso il proprio passato – come il capitano Levi, verso il proprio popolo – come Reiner, o verso la propria famiglia – come Eren. 

Soprattutto in Eren Jaeger, che ha acquisito il Potere del Gigante Progenitore, viene a galla la stessa dinamica emotiva che ritroviamo nel personaggio iconico del Trono di Spade: Daenerys Targaryen. 

Entrambi i personaggi sono caratterizzati da forti traumi e soprusi, spesso oggetto di violenza fisica e psicologica; vengono costantemente salvati da terzi, protetti, innescando nelle loro profondità un senso di incapacità d’azione e di mancanza di forza. La stessa forza che però, nel momento in cui viene acquisita, esplode in una catastrofica indole di violenza dai tratti mitomani, celata dietro un’espressione glaciale, dove il passato diviene un deus ex machina, una spinta o una scintilla all’incontenibile rabbia, come appunto Daenerys nella scena di The Bells nella final season ed Eren durante e dopo il maestoso dialogo con Reiner, a chiusura della quinta puntata. 

Articolo a cura di Roberta Lucibello

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