La comunicazione attiva.

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Un concetto ormai risaputo è quello che pone la comunicazione alla base di tutte le relazioni tra gli individui da cui può nascere un interscambio reciproco.

 

Volgendo brevemente l’attenzione verso l’aspetto etimologico del termine, quest’ultimo deriva dal latino communicare e vuol dire propriamente “mettere in comune”. Affinché si possa effettivemente parlare di comunicazione, però, ai soggetti coinvolti nell’azione è richiesto un comportamento attivo; in altri termini: quando due persone si relazionano tra loro entrambe devono essere consapevoli di ciò che sta avvenendo predisponendo la propria mente al confronto.

 

Preparare la mente a ricevere segnali esterni è un presupposto fondamentale quando si parla del comunicare e a tal proposito è lecita una precisazione: in questa sede ci si sta riferendo alla comunicazione non considerando solo l’aspetto prettamente dialogico ad essa solitamente associato, ma anche a tutte le altre modalità relazionali rientranti nel concetto stesso. La comunicazione, infatti, non si esaurisce semplicemente attraverso l’utilizzo delle parole, ma rispecchia anche tutto un aspetto non verbale che non può essere tralasciato; difatti si può comunicare anche senza che venga pronunciata alcuna parola.

 

Dopo il necessario discorso introduttivo è lecito arrivare al fulcro del discorso domandandosi: come si può comunicare con i più piccoli, utilizzando forme di linguaggio verbale (e non)?

 

Partendo dal linguaggio del corpo è bene sempre assumere una posizione che faciliti il confronto frontale con il bambino, abbassandosi alla sua stessa altezza e guardandolo dritto negli occhi. In questo modo l’attenzione è focalizzata sull’atto comunicativo.

Oltre a ciò, a seconda della situazione cui ci si viene a trovare, è anche corretto ascoltare passivamente le richieste del bambino, spingendolo sempre prima ad un autoriflessione e intervenendo poi con suggerimenti attivi di modifica del comportamento.

Uno dei concetti da non dimenticare mai quando si deve interagire con bambini o ragazzi è la consapevolezza di essere, in quel preciso momento, per loro un punto di riferimento: loro agiscono pensano e si muovono secondo le stesse modalità messe in campo dall’adulto. 

L’empatia, la calma, l’ascolto, i movimenti lenti della bocca o comunque del corpo sono funzionali affinché il bambino abbia il tempo per elaborare e comprendere messaggi verbali (e non) che gli vengono comunicati. Dunque, la comunicazione attiva può inglobare al suo interno tutta una serie di pratiche che sfociano in ciò che viene definito “successo comunicativo”.

Articolo a cura di Ilaria Genovesi

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