L’alunno come maestro di sé.

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L’alunno come maestro di sé. Forse è proprio questo l’obiettivo a cui gli insegnanti tentano di giungere alla fine di ogni ciclo di formazione; anno dopo anno, infatti, forniscono ai propri alunni sempre più strumenti affinché possano districarsi in maniera autonoma all’interno del proprio mondo di conoscenza, facendo sì che la propria figura venga, se non annullata, considerata solamente in caso di assoluta necessità. 

A tal proposito il fulcro della questione dell’articolo odierno èproprio incentrato sul distaccamento che l’alunno attua quando sa di poter contare su un insegnante che lo sostiene. 

Una volta che il bambino, o il ragazzo, ha preso coscienza che lo sbaglio, nel contesto scolastico e non solo, non è assolutamente da recriminare, ma, bensì, da valorizzare sarà in grado di stimolare sé stesso alla costante ricerca di nuovi significati. Questo concetto, forse banale, nasconde in realtà significati profondi che si diramano gradualmente all’interno del rapporto con il docente e che hanno origini molto antiche.

Il primo, infatti, ad accennare ad un processo di responsabilizzazione dell’alunno, che parta, si veda bene, dall’alunno stesso fu Socrate; filosofo greco vissuto nel V secolo a.C.

Tra le tante filosofie che spesso ruotano intorno a questa figura si pone il concetto del “conosci te stesso”. Secondo questa logica il discente ha il compito di interrogarsi continuamente riguardo la realtà che lo circonda procedendo per un percorso di prove ed errori che lo porti, gradualmente, all’acquisizione di una vera ed autentica verità. 

L’obiettivo della filosofia socratica è infatti quello di mettere in dubbio il sapere che ognuno di noi crede di possedere, sviluppando di conseguenza quella capacità critica che permette all’uomo di andare oltre i confini dell’apparente.

Proprio in base a quanto esposto si può dedurre quanto possa essere importante per l’alunno partecipare attivamente alla costruzione del proprio sapere. La responsabilità in chiave critica però si può raggiungere soltanto distaccandosi dalla figura di riferimento del processo educativo quindi, nell’ambito scolastico, dall’insegnante.

Il docente diviene non più un punto di riferimento da cui dipendere bensì una guida da cui è lecito allontanarsi per esplorare e al tempo stesso avvicinarsi quando ci si sente persi.

Il massimo compimento dell’educazione, a parer mio, risiede proprio qui, nel concetto espresso in queste ultime righe.

Articolo a cura di Ilaria Genovesi

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